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ORRORE: IMMAGINI SHOCK DEL BIMBO MORTO SULLA SPIAGGIA

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view post Posted on 3/9/2015, 00:19
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Mai finirà perchè sei parte dei miei ricordi,parte della mia vita e ciò che mi hai dato,ciò che ti ho dato sempre vivrà!

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Migranti, l'orrore del bambino siriano affogato




Se non può lui, chi potrà mai? Se non può il bambino con gli occhi chiusi sulla sabbia chi potrà mai fare aprire gli occhi all’Europa e al mondo?




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C’è una foto...questa del naufragio di un bimbo di due anni, di dodici siriani e di tutti noi. Lui è solo sulla spiaggia, e i bimbi non sono mai soli sulla spiaggia e nemmeno quando chiudono gli occhi. Il mare lo accarezza come se ne avesse pietà dopo averlo strappato a una piccola barca e poi accompagnato a riva. Troppo piccolo, lui, per temere le onde e la guerra, la disperazione di un viaggio.

È a pancia in giù, la testa girata, le braccia lungo i fianchi, come stanno i bambini piccoli nel lettino, quando dormono. Ha la maglietta rossa, i pantaloncini scuri e le scarpette allacciate ai piedi, doveva andare lontano. E invece è lì, immobile su una terra straniera, a Bodrum, in Turchia. Un agente della polizia turca lo solleva dall’acqua e lo porta via in braccio, con tenerezza straziante. Ma il suo sguardo è lontano, non riesce ad abbassare gli occhi sul piccolo naufrago, è troppo anche per lui che chissà quanti morti in mare avrà visto.


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LA SCELTA CONTESTATA
Il quotidiano britannico ”The Indipendent“ ha pubblicato per primo le foto diffuse da un’agenzia turca, anche quelle più drammatiche, con la convinzione che fosse giunto il momento di guardare. «Se queste immagini straordinariamente potenti di un bimbo siriano morto sulla spiaggia non cambiano l’atteggiamento dell’Europa nei confronti dei rifugiati, cosa può farlo?», scrive il giornale spiegando la scelta.

Una domanda che è uno schiaffo per gli inglesi impauriti dall’ondata di migranti nel tunnel della Manica (ma non solo loro). Ma che, soprattutto, diventa strumentalmente un atto d’accusa contro il premier Cameron che continua a ripetere «non accoglieremo altri migranti, non è la risposta giusta all’emergenza». Fonti del Parlamento inglese sperano in una risposta del capo del governo perché, dicono, «quando sulle spiagge giacciono corpi di bambini, è il momento di agire».




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IL WEB

Dal sito inglese le immagini hanno fatto il giro del web, «simbolo del dramma nell’Egeo», per El Pais, «della tragica epopea dei rifugiati», scrive The Guardian, «è la guerra siriana in una foto», commenta l’Huffington Post Gb. Altri media online hanno preferito pubblicare solo le foto dell’agente della polizia turca che prende quel corpo tra le braccia e lo porta lontano dagli sguardi.

Sui social la foto è stata accompagnata dall’hashtag #KiyiyaVuranInsanlik, traducibile come «l’umanità che si è schiantata contro gli scogli». Su Twitter c’è chi invita alla preghiera, «ogni giorno siamo impotenti rispetto a questo». Il bambino con gli occhi chiusi sulla sabbia, più potente dell’altra foto che due giorni fa aveva stretto il cuore. Quella di una turista greca che abbracciava un profugo siriano salvato dopo tredici ore di mare non lontano da Kos.


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Era lì che il bimbo doveva andare, a Kos. Dalla costa turca di Bodrum il gruppo di naufraghi voleva raggiungere l’isola greca e approdare così in Europa. Erano 23 in tutto, hanno tentato la traversata a bordo di due piccole imbarcazioni. In dodici non ce l’hanno fatta, sono stati travolti dalle onde, non lontani dalla costa. Il mare li ha sommersi e separati, il bimbo è rimasto da solo. I mezzi di soccorso turchi sono riusciti a salvarne 15, ci sono tre dispersi. Quella tra Bodrum e Kos è una delle rotte più utilizzate negli ultimi tempi dai migranti che cercano di raggiungere l’Europa dalla Siria, attraverso la Turchia. Un viaggio più breve e secondo molti più sicuro rispetto alla rotta dal Nord Africa al Mediterraneo. Il primo e ultimo viaggio per il bambino con gli occhi sulla sabbia.




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view post Posted on 3/9/2015, 00:42
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view post Posted on 3/9/2015, 16:43
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Aylan, il bimbo morto sulla spiaggia
La famiglia sognava il Canada



Il bambino, di 3 anni, stava fuggendo con la famiglia da Kobane. Le autorità canadesi avevano rifiutato la richiesta di asilo. Il padre, unico sopravvissuto: «Mi sono sfuggiti dalle mani».Arrestate quattro persone sospettate di essere gli scafisti.




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Aveva 3 anni. Ed era nato a Kobane, nel nord della Siria. Scappava da una guerra che ha ridotto in polvere la sua città e ucciso migliaia di suoi compagni di giochi. Aylan Kurdi. E’ questo il nome del bambino morto annegato nel tentativo di raggiungere l’Europa, la cui immagine ha fatto il giro del mondo.

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Un orsacchiotto bianco


Aylan è morto insieme al fratello Galip, 5 anni. Su Twitter sono circolate anche delle immagini dei due bambini, vivi e sorridenti. In mezzo a loro un orsacchiotto bianco. E tanti, tantissimi sono stati i messaggi di dolore arrivati da tutto il mondo. I quotidiani britannici sono quelli che più hanno insistito sull’atrocità della condizione dei migranti, costretti a tentare il tutto per tutto pur di salvarsi dalla guerra, mentre l’Europa chiude loro le porte in faccia. Ma la notizia è poi rimbalzata in tutto il mondo. In questi mesi il flusso di persone che scappano dalla Siria attraverso la Grecia è aumentato drammaticamente toccando la quota di 205 mila rifugiati solo nel 2015 (sono 4 milioni dall'inizio della guerra, nel 2011), secondo i dati dell'Alto commissariato per i rifugiati. Di questi la maggioranza (il 69 per cento) sono siriani. In particolare, Kobane, negli ultimi due anni, è stata teatro di combattimenti violentissimi che hanno visto contrapporsi le milizie curde ai jihadisti di Isis. Ma non solo. I rifugiati siriani scappano anche dalle bombe di Assad che dal 2012 colpisce duramente la popolazione con ogni tipo di arma per soffocare l'ascesa dell'opposizione.


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Da Kobane al Canada


Un attivista anti Isis di Raqqa, Abdalaziz Alhamza su Twitter ha scritto che la madre di Aylan e Galip sta bene, era ad Atene e ora è tornata sull’isola di Mytilene, il suo terzo figlio sta bene. Si tratta però di informazioni che non sono verificate. Altri media riportano invece la testimonianza del padre Abdullah che racconta come tutta la sua famiglia, compresa la madre di nome Rehan, sia morta durante la traversata. Un quotidiano canadese, Ottawa Citizen, spiega come la zia di Aylan, Teema Kurdi, che ora vive a Vancouver in Canada, sia stata contattata dal padre del bambino, unico sopravvissuto alla traversata, che le ha dato la notizia della morte dei figli e della moglie. Teema avrebbe tentato invano di far ottenere asilo alla famiglia in Canada. Ma la richiesta sarebbe stata rifiutata in giugno. A quel punto la famiglia Kurdi avrebbe deciso di tentare la traversata dalla Turchia da dove si trovava da qualche tempo («vivevano in condizioni terribili, i curdi vengono trattati male in Turchia», ha raccontato ancora la donna). Secondo l’agenzia di stampa turca Dogan tra Kos e Bodrum, insieme ad Aylan, sono morte 12 persone. Teema Kurdi ha riferito che il fratello Abdullah ora vorrebbe tornare a Kobane per seppellire la famiglia.


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«Mi sono sfuggiti dalle mani»


Abdullah Kurdi ha poi raccontato il tragico viaggio. «I bambini mi sono sfuggiti dalle mani», ha raccontato ai giornalisti Abdullah all’esterno dell’Istituto di medicina legale di Mugla, nel sud-ovest della Turchia. «Parlo per evitare che altre persone vivano la nostra sofferenza, chiedo al mondo intero di ascoltarci», ha aggiunto. «Il Canada mi ha offerto asilo, ma dopo quello che è successo non voglio andare lì. Voglio portare i corpi dei miei familiari a Suruc», città turca al confine con la Siria, «e poi a Kobane, e passare lì il resto della mia vita», ha spiegato. Il tutto mentre sono arrestate quattro persone sospettate di essere gli scafisti che hanno portato in mare la famiglia Kurdi e altre persone.

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Poche informazioni dunque, sulla storia di quel bambino, la cui immagine ha scosso il mondo interno. Quel che è certo è che quel corpo, piccolo, piccolissimo, con la maglietta rossa, e il viso riverso nella sabbia, è stato raccolto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, punto di passaggio di migliaia di rifugiati che da quel tratto di mare passano per raggiungere le isole greche come Kos, da cui poi tentano di continuare il viaggio verso il nord Europa.

La famiglia sognava il Canada

Il bambino, di 3 anni, stava fuggendo con la famiglia da Kobane. Le autorità canadesi avevano rifiutato la richiesta di asilo. Il padre, unico sopravvissuto: «Mi sono sfuggiti dalle mani».


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